Quali sono gli esami da fare nei primi tre mesi di gravidanza?
In gravidanza, la salute di mamma e bimbo deve essere costantemente monitorata. Oltre ai controlli regolari dal medico, la gestante deve sottoporsi almeno ad uno fra i tanti test di screening prenatale.
Si sa che la gravidanza è un periodo molto delicato, e i primi tre mesi lo sono ancora di più. Durante questo periodo si suggerisce di pianificare tutti i controlli e le visite, affinché la futura mamma e il nascituro siano monitorati.
Per organizzare al meglio l’assistenza in gravidanza durante le prime dieci settimane di gravidanza è importante fissare un appuntamento con ostetrica o ginecologo1. La gestante deve seguire scrupolosamente tutte le indicazioni che il proprio medico di fiducia le darà.
Nel piano di screening prenatale, la prima visita è la più importante: fornisce una panoramica generale alla futura mamma. La visita prevede la misurazione del peso e della pressione della gestante. Il medico, solitamente, prescrive anche alcune visite e controlli:
- un’analisi del sangue da fare per conoscere il fattore Rh, il gruppo sanguigno, ed eventuali malattie come anemia, HIV, toxoplasmosi, rosolia, sifilide;
- esame delle urine utile a controllare i reni;
- una coltura delle urine (urinocoltura), che serve a trovare traccia di eventuali infezioni urinarie;
- pap test, esame che va fatto almeno una volta ogni tre anni;
- un’ecografia per stimare a quale settimana di gravidanza si trova la gestante1.
L’ecografia che si esegue nel primo trimestre gravidico serve a stabilire di quante settimane è il feto, a valutare se le sue dimensioni sono compatibili con le settimane di gravidanza, a scoprire dove si è impiantata la camera gestazionale, a rilevare il battito cardiaco del feto, ma soprattutto, a rilevare effettivamente la presenza dell’embrione2.
La prima visita dal ginecologo è quindi molto importante, anche perché la gestante viene indirizzata dal proprio medico verso un percorso di screening ad hoc, mirato a rilevare eventuali anomalie cromosomiche fetali, durante il quale la futura mamma potrà sottoporsi a vari tipi di esami. Gli esami di screening prenatale non invasivi sono esami probabilistici. Servono a valutare la percentuale di possibilità che il nascituro sia affetto da un’alterazione cromosomica, come le sindromi di Down, di Pateau, di Edwards. Gli esami di diagnosi prenatale, invece, danno appunto una diagnosi certa, ma sono invasivi e presentano quindi un rischio di aborto. Nel caso della villocentesi, ad esempio, il rischio di abortire per una gestante è dell’1%3.
Tra gli esami di screening prenatale di tipo non invasivo c’è il test del DNA fetale, un esame semplice da fare poiché occorre solo un prelievo ematico. L’analisi consiste nella rilevazione, all’interno del campione ematico, dei frammenti di DNA del feto. Il test si esegue sfruttando macchinari ultra-moderni e ha un’affidabilità di circa il 99,9% nella rilevazione delle più note anomalie cromosomiche.
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Fonti:
- L’Agenda della Gravidanza – Ministero della Salute
- La responsabilità professionale del ginecologo e ostetrico – S. Agosti, M. Cucci, M. Rodolfi e A. Steffano
- Medicina dell’età prenatale: Prevenzione, diagnosi e terapia dei difetti congeniti e delle principali patologie gravidiche – Di Antonio L. Borrelli,Domenico Arduini,Antonio Cardone,Valerio Ventrut