Miki e Kiara, storia di un’amicizia
C’era una volta, e forse c’è ancora, una bambina dall’età imprecisata. Nessuno sapeva quanti anni avesse veramente… ma questo non è importante… Insomma c’era una volta una bambina che adorava andare in giro con la sua biciclettina gialla oppure con i pattini. Abitava in una piccola città che un tempo era stata una colonia romana e che conservava ancora con cura i resti della sua storia.
Era una bella città di mare dove spesso il cielo era limpido grazie ad un vento forte e freddo che spazzava sempre via le nuvole e che permetteva al sole di brillare di un’intensità quasi irreale.
La bambina adorava il mare e amava il sole ed era capace di trascorrere intere giornate a guardare la grande distesa azzurra con aria sognante. Viveva in una piccola casa in cima ad un colle.
Accanto alla sua casetta si trovava la scuola, una bella scuola, che la bambina frequentava. Vicino alla scuoletta c’era un grande parco verde dove i bambini potevano giocare liberi. Tutto intorno vi era una bella pineta.
Un pomeriggio, con la sua bicicletta, la bambina si era spinta oltre il limite del parco che la mamma aveva fissato. – Kiara – le aveva detto la mamma – quando arrivi in fondo al viale dei tigli, gira la bicicletta e torna indietro.
Non inoltrarti nella pineta perché potresti perderti. Bene, quel giorno Kiara commise una disobbedienza perché…era una bambina molto curiosa. Si lasciò alle spalle il viale alberato e le grida dei bambini che giocavano felici e combattuta tra la curiosità e il timore, si inoltrò sotto gli alti pini.
La prima cosa che la colpì fu il grande silenzio che regnava nella pineta.
Un silenzio che però non la spaventava, anzi faceva scendere nel suo cuore una profonda pace. Lasciò allora la sua bicicletta e incominciò a camminare piano piano sugli aghi di pino perché non voleva sciupare con la sua presenza quel silenzio surreale, quella quiete. Dopo un po’, si trovò di fronte a una casetta bassa i cui muri erano dipinti di bianco, un bianco candido.
La porta e le finestre erano colorate di un azzurro brillante.
Ad un tratto le sembrò di capire che era proprio là che doveva arrivare e che la disobbedienza alla mamma poteva essere un’obbedienza a qualcun altro. Così le parve naturale tirare la catenella della piccola campana d’argento fissata al muro. Qualcuno venne ad aprire. “Qualcuno”, proprio “qualcuno”, perché non si sa se sarebbe meglio dire un angelo, oppure un bambino o un uomo… Possono essere tutte e tre le cose riunite in una sola persona? Non si sa. Forse non in questo mondo. Ma in quella pineta era possibile.
In quella casetta trascorse uno dei pomeriggi più belli della sua vita e senza dubbio doveva essere un mercoledì… Miki, così si chiamava chi le aveva aperto, fu molto gentile.
Fu un pomeriggio indimenticabile. Non si sa cosa rese effettivamente così unico quel pomeriggio. Forse fu il silenzio.
Scambiarono poche parole e molti sorrisi anche perché quattro piccoli folletti entravano ogni tanto furtivi nella casetta. Insieme colorarano con delle bellissime matite ricoperte di carta a fiorellini, ascoltarono una bellissima musica, fecero merenda con i pop corn che Miki aveva preparato con uno speciale apparecchio e, prima di riaccompagnarla alla porta, l’uomo, il ragazzo, l’angelo le donò un libro di favole.
Quando Kiara tornò a casa, la mamma non disse nulla. Non si era accorta della sua lunga assenza. Forse, mentre Kiara era stata in quella magica pineta, il tempo si era fermato.
Ci sono momenti nella vita, e questo Kiara l’avrebbe capito più tardi, in cui ci è dato di vivere oltre lo spazio e il tempo: sono i momenti di felicità intensa in cui sembra di toccare il cielo con un dito. Da allora, la bambina passò molti pomeriggi di pace, sempre colorati dai quattro folletti, con quel qualcuno così speciale.
Un giorno Kiara si azzardò a chiedere ad un’amica se era mai stata nella pineta, se sapeva se ci abitasse qualcuno. Le rispose che ci era stata e che nella pineta abitava una persona un po’ particolare, che preferiva stare in silenzio, amava la musica e dicono avesse una sensibilità tutta particolare.
Una persona un po’ fuori dal mondo che poco aveva in comune con tutte le persone che abitavano nei dintorni. – Così disse l’amica. L’amica non fece domande, ma sospettava che Kiara fosse andata nella pineta. Poi altri amici e tanti, troppi adulti confermarono le parole che aveva già sentito. Sembrava che tutti si fossero coalizzati per riportarla alla realtà della vita e a vivere con meno intensità il rapporto che si era instaurato con Miki.
Cercavano di farle capire, anche molto gentilmente, che non era razionale! Tutto questo creò in Kiara un po’ di confusione. Lei che non era mai stata molto razionale faceva fatica a vivere la vita meno intensamente e soprattutto non riusciva, ma forse in fondo non voleva, rinunciare all’affetto che aveva per Miki o almeno a ridimensionarlo nella logica della realtà degli uomini.
Era un affetto speciale, sincero quello che li legava e che forse nessuno avrebbe mai potuto capire.
Erano entrambi molto sensibili e riuscivano a cogliere stati d’animo e sensazioni che andavano oltre alle parole degli uomini.
E poi si parlavano con gli occhi.
Qualcuno avrebbe anche potuto pensare che erano innamorati, ma non era questo e loro lo sapevano molto bene… Comunque Kiara fu travolta dalla razionalità che la circondava, una realtà molto più fredda e distaccata… molto, forse troppo per lei… razionale! Così per un periodo, non andò più alla pineta: un po’ perché si sentiva spiata, un po’ perché aveva paura che gli adulti avessero ragione.
Aveva paura di scoprire che Miki non era quello che credeva che fosse. Intanto passava il tempo, la bambina cresceva e a volte doveva ammettere che quello di cui aveva bisogno non erano le favole di Miki, ma la scuola, la famiglia…; non era estraniarsi dal mondo, ma il coinvolgersi in esso che riempiva la sua vita; non era il silenzio, ma la discussione, il confronto con gli altri che la faceva crescere. Divenne grande si sposò, ebbe anche dei figli.
La sua vita era felice. Solo in un angolino del suo cuore avvertiva talvolta un vuoto, una nostalgia… Finchè un giorno, incontrò di nuovo Miki, sapeva che anche lui si era sposato e che aveva avuto due belle bambine.
La sua vita, dicevano, era felice. Stava in piedi alla fermata di un autobus: indossava un giaccone rosso che spiccava in mezzo ai colori scuri degli abbigliamenti invernali e non era per niente cambiato.
Era solo e sorrideva. Non si sapeva a chi. Forse a tutti. Forse a qualcuno che nessuno poteva vedere.
Ma in quel momento Kiara capì che di quel sorriso aveva bisogno. Un sorriso ed uno sguardo che erano come una porta spalancata su un altro mondo.
La bambina si avvicinò a lui e gli disse: – Ora so chi sei: quello che ho sempre creduto che tu fossi! Miki l’angelo, il bambino, l’uomo le sorrise e non disse nulla… non ce n’era bisogno!