
Mirmi e Paco
Mirmi e Paco vivono in un paese incantato, dove i colori sono più colori del normale ed i profumi così intensi da inebriare. Abitano su di una nuvola sopra il pino maestro della pineta d’Allilibi, in un palazzo di cristallo. Tutti gli esseri fantastici che popolano questo mondo hanno un compito da svolgere, loro si occupano di mantenere alto l’umore delle creature di Fanfan, le campanule dorate svegliano dolcemente gli abitanti al termine della notte, i centauri alati proteggono la Foresta di Cristallo e gli uccelli dalle piume argentate scandiscono le ore del giorno. Sono già 1200 anni, però, che dalla nuvola sopra il pino maestro si ode una canzone malinconica che influenza anche l’umore dei fanfaniani. E’ Mirmi a cantare, la rana rosa con pois gialli, dotata di una voce magica, ricca di poteri sorprendenti. Mirmi è triste perché il suo amico Paco, il cavallo violetto con la stella sulla fronte, è scomparso.
“Paco dove sei?
Come faccio a farti tornare?
Sono triste
Fanfan è triste.
Non so dove cercarti
Mi manchi…”
Sono 1200 anni che canta queste canzoni, ma Paco non torna. Paco fu rapito da un uragano impazzito e nessuno è mai riuscito a trovarlo, Mirmi non ha mai avuto la forza di reagire ed è solo riuscita, in tutti questi anni, a cantare. Un giorno Astora, la stella più brillante di Fanfan, andò a far visita a Mirmi.
“Mirmi, è tempo di trovare Paco.”.
“Astora, non riesco a muovermi, è così forte il mio dolore da paralizzarmi.”.
“Se non riesci a farlo né per te, né per Paco, fallo per Fanfan. Guarda in che stato si trova.”.
Mirmi uscì dalla sua casa di cristallo dai mille colori e si affacciò. Era primavera inoltrata ma nessun albero era ancora fiorito, nessun fiore sbocciato e gli uccellini non erano ancora tornati dai luoghi lontani; gli unici animali presenti erano ancora in un profondo letargo. Mirmi iniziò a capire, per 1200 anni aveva pianto il suo dolore senza prestare attenzione al suo compito: tenere alto l’umore dell’intero mondo magico.
“Astora è colpa mia. Hai ragione è tempo di trovare Paco, andiamo!”.
Mirmi ed Asta scivolarono sull’arcobaleno di collegamento con la terra, direzione FORESTA INTRICATA. Mirmi si sentiva tranquilla con Astora che essendo la stella più luminosa era un’ottima compagna di viaggio, con un gran senso dell’orientamento: impossibile perdersi con lei. Iniziarono a chiedere a tutti quelli che incontravano, se avevano visto Paco, ma nessuno le degnò d’attenzione. Dopo una ricerca a palmo a palmo di tutta la foresta, Mirmi perse le speranze. Cercò un grosso albero e lì sotto intonò una delle sue canzoni:
“Paco, Paco
Se solo sapessi che stai bene.
Paco, Paco
Se solo sapessi trovarti.
Paco, Paco…”
“E chi è questo Paco?”.
Mirmi alzò gli occhi, il vecchio castagno sotto cui stava, forse sapeva qualcosa.
“Paco è il mio miglior amico. E’ Un cavallo violetto, con una stella sulla fronte, l’hai visto?”.
“Certo che l’ho visto. E’ stato circa 900 anni fa, si stava dirigendo verso la fine della foresta. Si sentiva sperduto, ho provato a parlargli ma non mi ha risposto.”.
“Grazie vecchio saggio, ora so che è vivo e inizierò le ricerche. Astora, andiamo!”.
Si diressero verso la fine della foresta, Mirmi gracidava all’impazzata per la gioia che provava nel cuore. Raggiunsero presto la terza cascata del fiume che disse:
“Hai detto un cavallo viola? Certo che l’ho visto; quando è venuto da me aveva una sete davvero invidiabile. Tra l’altro ho notato che zoppicava. Aveva un’aria così triste, ho provato a parlargli, ma lui è rimasto in silenzio e se n’è andato.”
“Hai visto in che direzione è andato?”.
“Sì, e mi sono stupita molto perché è andato in direzione sud est, verso la zona più brutta che circonda la foresta: la palude spettrale.”.
Dopo essersi salutati, Mirmi ed Astora, anche se ormai esauste, si rimisero in viaggio. Era quasi sera ed era importante riuscire a percorrere più strada possibile. Trascorsero la notte ai limiti della foresta, si poteva già percepire l’olezzo della palude e il ronzare degli insetti era talmente forte che fecero fatica a prendere sonno. Dormirono profondamente, forse per riuscire a riposarsi il più possibile, la giornata successiva sarebbe stata molto faticosa e loro lo sapevano bene! Si svegliarono molto presto e si misero in cammino subito. Accidenti, la palude era proprio spaventosa: rovi, erbacce, l’odore insopportabile si faceva più forte ad ogni passo e gli insetti erano molto fastidiosi.
“Toh, una rana dai colori irreali e una stella che le fa compagnia. Che ci fate in un posto come questo?”
“Stiamo cercando un amico.”.
“Scommetto che si tratta di un cavallo viola con una stella sulla fronte.”.
“Come fai a saperlo?”.
La salamandra, con cui le nostre amiche stavano parlando, fece un’espressione sorniona, tipica di chi conosce parecchie cose… o almeno crede!
“Lo so perché”, ma era buona e sincera e non riuscì a prendersi gioco di loro “qui non passa mai nessuno e poi è evidente che fate parte dello stesso mondo. Non possono esistere due luoghi dove le rane sono rosa a pois gialli e i cavalli viola.”.
“Hai mica visto dove si è diretto?”.
“Prima l’ho curato e poi l’ho accompagnato fuori da questa palude infernale, indicandogli il percorso per raggiungere la collina dorata.”.
“L’hai curato?”.
“Sì, aveva un brutto rametto conficcato nel suo zoccolo. Era così tanto che zoppicava che aveva male a tutta la zampa; ma tolto il rametto è stato subito meglio.”.
“Per fortuna! Senti, da che parte dobbiamo andare per arrivare alla collina dorata?”:
“Se volete vi ci porto.”.
“Grazie, sei molto gentile.”.
La salamandra si sentiva così sola, costretta dalla sua natura a rimanere tutta la vita nell’ombra della palude e poi quella palude, talmente spaventosa da far cambiare direzione a chiunque ci dovesse passare attraverso. Così, quando qualcuno si addentrava, lei cercava sempre di fare un po’ di conversazione. Mirmi ed Astora, insieme alla giovane e simpatica salamandra, non sentirono la fatica dell’attraversata. Si congedarono alle soglie della palude, mentre la salamandra già tornava indietro un po’ amareggiata dalla separazione. Dopo pochi salti, Mirmi, entrò nella terra che circondava la collina dorata e fu subito abbagliata dalla gran luce. Capirono subito, lei ed Atsora, il motivo per cui veniva chiamata così: le foglie e l’erba erano fili d’oro, la terra polvere d’oro, l’acqua era oro fuso e piovevano scagliette d’oro. La luce del tramonto rendeva questo spettacolo ancora più suggestivo. Mirmi ed Astora salirono sulla cima della collina e rimasero senza fiato; sembrava già stupendo prima ma ora che vedevano tutto l’orizzonte potevano ammirare cose mai viste.
“Astora, ma qui non ci abita nessuno.”.
“Certo, questo è un posto meraviglioso, ma non è in grado di ospitare nessun essere vivente. Come può offrirgli acqua, cibo e tutto ciò di cui ha bisogno?”.
“Mi dispiace ammettere che hai ragione, perché questo ci riporta al punto di partenza con la ricerca di Paco. E’ vero, dev’essere passato di qui ed è vivo, questo è tutto quello che sappiamo e nient’altro e per di più non c’è nessuno cui chiedere sue notizie.”.
Si sedettero sulla collina ad ammirare il paesaggio; sapevano che sarebbero dovute tornare a casa.
“Eri così vicino
Finalmente,
Dopo tanto tempo
Ero ad un soffio da te,
Quasi ti avevo trovato
E adesso che fare?
Dove cercare?”
“Un soffio? Hai detto un soffio?”.
Un alito di vento accarezzò la pelle umida della rana Mirmi. La sua canzone era così triste, che il vento risvegliandosi, non era riuscito a non rispondere.
“Vento, come sono felice di sentirti!”.
“Chi vai cercando rana dagli strani colori?”.
“Paco, il mio migliore amico, un cavallo viola. Dev’essere passato di qui, ma davanti a noi c’è la gola di pietra, a sinistra il deserto di cactus e a destra il paese degli orologi. Non sapevamo a chi chiedere ma ora ci sei tu!”.
“Sono molto dispiaciuto, mia piccola rana dai colori divertenti, non ho visto passare il tuo amico per questa valle.”.
“Capisco, ma ti ringrazio comunque.”.
“Però aspetta. Io non ti posso aiutare, ma forse il Principe Masso della gola di pietra l’ha visto, è talmente alto che se il tuo amico è passato in una qualsiasi zona di questo regno l’ha visto.”.
“Questa sì che è una splendida notizia. Correrò subito da lui. Grazie ancora alito di vento.
Astora, mettiamoci in cammino!”.
“Mirmi, si sta facendo buio e io sono molto stanca, tu no?”.
Mirmi rifletté per un attimo.
“Sì, sono molto stanca anch’io. Pensi che sarebbe meglio continuare domani?”.
Non sentì risposta, si voltò e vide Astora che dormiva già, “Buonanotte” pensò nel suo cuore e anche lei crollò in un sonno profondo.
Le prime luci dell’alba, nella valle della collina dorata, erano così intense che Mirmi si svegliò presto. Si guardò intorno cercando l’amica, ma di Astora non c’era nemmeno un raggio. Era sola, nella valle della collina dorata, circondata da regni sconosciuti e adesso non c’era più nemmeno la sua amica a confortarla. La chiamò più di 1000 volte, poi con gli occhioni pieni di lacrime, iniziando a saltellare, abbandonò quella valle molto lentamente. Ogni tanto si girava, convinta di avere Astora alle spalle, perché aveva visto i suoi raggi, ma si rendeva sempre conto che erano solo i sassolini dorati della collina, colpiti dal sole.
“Astora dove sei?
Anche tu rapita nella notte,
Anche tu in cerca di salvezza?
O mi hai abbandonata
Amica mia?”
E così cantando, raggiunse la gola di pietra. Si guardò attorno e rabbrividì, solo sassi nella gola di pietra: sassi dritti, tondi, sassi penduli e a punta, solo sassi. Scrutò tutto in cerca del Principe Masso ed infine lo vide. Lo raggiunse a fatica. Era molto stanca ma la forza le veniva dal cuore; sentiva che Paco era vicino. Si accostò al grande sasso ed iniziò a parlargli, ma non sentì alcuna risposta. Niente, nemmeno dopo il decimo tentativo; il Principe Masso non mosse un sasso. Lo guardò cercando di trovare la combinazione giusta.
“Parlami re dei sassi,
Solo tu sai dov’è Paco.
Muovi gli occhi
E indicami la strada.”.
Mirmi era veramente stanca, nemmeno più le sue canzoni sembrava funzionassero. Il silenzio era incredibile e la soluzione sembrava lontana. Iniziò a saltellare intorno al principe, pensando continuamente. “Non c’è soluzione!” e posò una delle sue zampine umide sul masso. Rimase lì un po’, osservando il panorama così statico da sembrare morto.
“Dovrò visitare tutti i regni della zona!”.
Giunse a questa conclusione ed allontanandosi vide che il segno lasciato dalla sua zampina aveva tolto la polvere dal masso, lasciando intravedere una scritta. Si riavvicinò al masso e lo pulì bene.
“SE RISPOSTE VUOI TROVAR, LA MIA SUPERFICIE DEVI FAR BRILLAR!”.
Ecco cosa diceva l’incisione. Mirmi pulì tutto il grande masso, gli parlò, ma niente, ancora silenzio. Fu colta da un momento di disperazione ma subito tornò con la mente alla collina dorata. Cercò di raggiungere il pendio della collina il più in fretta possibile, ma lei, essendo una rana poteva solo saltare e quindi arrivò dopo un bel po’ di tempo. E come trasportare la polvere d’oro? Le sue zampe erano troppo piccole e comunque i salti avrebbero fatto cadere tutto.
“Vento, alito di vento,
Tu che mi hai dato speranze
Non lasciarmi sola adesso.
Vento, vento, alito di vento.”.
“Eccomi piccolo essere, ti aiuterò, dimmi tutto.”.
Mirmi gli spiegò la situazione e il Vento le portò tutta la sabbia d’oro che aveva bisogno, ai margini del masso. Lei cosparse il re sasso e lo fece brillare, lui ringraziò.
“Scusa, hai mica visto un cavallo da queste parti?”
“Sì, si è diretto verso il villaggio degli orologi.”.
“Grazie Principe, grazie di cuore!”.
“Grazie a te!”.
Mirmi riprese il suo viaggio. La strada per il villaggio, però, sembrava allungarsi sempre più. Ad ogni salto, Mirmi, vedeva le case più vicine, i contorni più definiti, ma non riusciva mai ad arrivare. Il ticchettio era, per di più, assai fastidioso. Era stanca di cercare risposte a strani enigmi e questa volta non sapeva proprio cosa fare. Paco era vicino e lei non sapeva come raggiungerlo.
“Paese straniero
Fammi arrivare da lui.
E’ così tanto che viaggio.
Paese straniero,
Non ostacolarmi più!”.
Sembrava che la sua voce avesse perso tutti i poteri, doveva trovare un’altra soluzione; era sera, si appoggiò ad un albero a cuccù e si addormentò. Durante la notte fece uno strano sogno, forse influenzata dal ticchettio fastidioso ed insistente. Immaginò di spaccare tutti gli orologi e di rimanere per un attimo in silenzio. Si svegliò di colpo, era già l’alba, forse aveva risolto l’enigma del paese degli orologi. Iniziò a cantare e a saltare verso il villaggio.
“Tempo non correre
Che fretta hai.
Orologio, le tue lancette
Sono sudate,
Lasciale riposare un po’,
Lavoreranno meglio.”.
Continuò così, e al suo passaggio tutti gli orologi smettevano di funzionare per poi riprendere a scandire i secondi. Funzionava, fermando il tempo riusciva a bloccare l’incantesimo, raggiungendo le porte della città. Il suo cuore sentiva che Paco era davvero lì. Iniziò a cercare a destra e a manca notizie sul suo amico. Pochi le rispondevano e quei pochi non riuscivano a darle delle risposte esaurienti, finché non incontrò un vecchi pendolo.
“Sono stato, poco tempo fa, dal medico: l’Orologiaio. Sono molto vecchio e ogni tanto è bene fare dei controlli. In quell’occasione mi è parso di vedere il suo amico che faceva girare il grande ingranaggio del tempo mondiale.”.
“Mi sa indicare la casa dell’Orologiaio?”.
“Deve prendere un appuntamento.”.
“Ah!”, disse Mirmi decisamente sconsolata. Il Batacchio, che era vecchio e saggio, intuì la sua preoccupazione.
“Senta, ci vada subito. Le prenotazioni per gli appuntamenti sono ancora aperte a quest’ora. Se poi dice che è importante, sono sicuro che la riceverà il prima possibile.”.
Sul musetto di Mirmi comparve un sorriso.
“Grazie signor Batacchio e arrivederci!”.
S’incamminò verso il grande palazzo e riuscì a prendere appuntamento con il padrone di casa già per il giorno dopo. Girò per il paese. Che posto curioso, tutto era un orologio: le piante non avevano i fiori, ma vecchie cipolle pendule; le fontane spruzzavano acqua battendo i secondi; sul naso degli abitanti c’erano delle lancette…insomma era impossibile non accorgersi del passare del tempo. E di tempo Mirmi ne doveva ancora aspettare tanto prima di rivedere Paco e quel posto certo non l’aiutava. Ad un tratto un lampione parlò a Mirmi.
“Senti piccola rana, si dice in giro che grazie ad una canzone magica sei riuscita ad arrestare il tempo lungo il viale del Tempo Eterno, è vero?”.
Mirmi guardò verso l’alto ed annuì. Il lampione era esterrefatto, non aveva mai sentito una storia così.
“Vede, sto cercando un mio amico che ho scoperto essere qui. Non potevo entrare in nessun altro modo!”.
“Dev’essere un caro amico se con la tua voce sei riuscita a fermare il tempo.”.
“E’ il mio più caro amico, sono ormai 1200 anni che è scomparso. Fanfan era in pericolo e non potevo più aspettare così sono scesa sulla terra e ho iniziato a cercarlo.”.
“Perché da dove vieni giovane ranetta, dov’è questa Fanfan?”.
“Si trova al di là dell’arcobaleno ed è fatta di natura e cristallo. Paco ed io ci occupavamo insieme dell’umore del mondo, ma da quando lui è stato rapito non sono più riuscita a cantare una sola canzone allegra. Spero solo che per i fanfaniani non sia troppo tardi.”.
Il lampione non aveva capito molto bene, mi aveva accettato volentieri di spegnere la sua luce quando Mirmi si addormentò a fine racconto. Si vedeva che era esausta!
Ma anche se la stanchezza era veramente molta, già alle prime luci dell’alba Mirmi aprì gli occhi. Era il giorno dell’appuntamento con l’Orologiaio, il giorno in cui avrebbe saputo se Paco era veramente in quel paese oppure no. I suoi salti erano lenti ed insicuri, la paura di dover ricominciare da zero le ricerche era tanta; per di più l’insistente ticchettio degli orologi non la metteva per nulla a suo agio. Raggiunse il grande portone sul quale la faceva da padrone la scritta OSPEDALE OROLOGI. Raccolse tutto il coraggio che le era rimasto e suonò il campanello.
Lontana da Mirmi, quasi cinque mondi più lontana, Astora cercava di risanare Fanfan, ma ogni suo sforzo era vano. Con la partenza di Mirmi, l’umore di Fanfan era svanito. La notte della scomparsa di Astora , un giovane grillo volante era andato in cerca di aiuto. Dopo aver sentito il suo racconto, Astora si era precipitata nel suo paese e l’aveva trovato quasi morto. Capì che le canzoni che Mirmi aveva cantato durante l’assenza di Paco erano sì malinconiche ma comunque in grado di infondere speranza, speranza che si era portata via nel viaggio alla ricerca dell’amico.
Gli alberi stavano già seccando, il respiro degli animali in letargo sempre più affaticato e la terra iniziava ad inaridirsi. “Dovete resistere amici miei, tra poco Mirmi tornerà e con lei ci sarà anche Paco.”, cercava di splendere il più possibile e gli abitanti, da parte loro, si sforzavano di reagire.
La situazione stava precipitando, desiderava volare da Mirmi, informarla, farla tornare e continuare lei le ricerche; ma sapeva benissimo che se si sarebbe allontanata, il mondo di Fanfan sarebbe scomparso.
Mirmi, intanto, percorse il lungo corridoio saltando ed ogni orologio a cuccù batteva il ritmo del suo cuore. Di colpo si aprì la porta davanti a lei, e vide un uomo vecchi che sorrideva. Indossava un camice bianco, i capelli erano arruffati e la barba lunga di qualche giorno.
“E lei sarebbe Mirmi!?”.
“Buongiorno signor Orologiaio.”.
“Mi chiami pure Gaio. Ho saputo il motivo della sua visita. Sono felice che sia qui.”.
Mirmi aspettava speranzosa.
“Sono ormai 700 anni che sento pronunciare il suo nome. E’ il suo amico, il cavallo viola che di notte la chiama. Poi di giorno non ricorda più niente e non ho mai voluto turbarlo con domande personali.”.
“Lei vorrebbe dirmi che Paco ha perso la memoria?”, Mirmi aveva gli occhi colmi di lacrime, la gioia di aver ritrovato il suo Paco però, lasciò spazio alla tristezza delle sue condizioni. “Paco, finalmente conosco il suo nome, è convinto di vivere qui da sempre, ed è anche un gran lavoratore. Un po’ mi dispiace perderlo, ma sono felice di sapere che ha qualcuno che lo ama. Venga con me.”.
A Mirmi tremavano le zampe e i suoi salti erano insicuri. Era passato così tanto tempo, e poi lui non ricordava, cosa avrebbe potuto fare?
Entrarono in una grande stanza riservata al caricamento. Paco era lì, imbragato, che s’impegnava a far girare l’ingranaggio. Mirmi voleva corrergli incontro, ma lui non l’avrebbe riconosciuta. “Io l’ho portata fin qui, e non so nemmeno dirle cosa fare per portarlo a casa. L’unica cosa, forse, è farlo ricordare. Se ha bisogno di me, sono di là. Arrivederci!”.
Gaio l’Orologiaio si voltò, ma Mirmi riuscì a vedere, per un secondo, i suoi occhi colmi di lacrime e comprese che era un brav’uomo e che si era occupato con cura di Paco in tutti quegli anni.
Paco continuò il suo lavoro senza mai voltarsi, il suo portamento era fiero e si vedeva che stava bene. “Paco” Mirmi provò a chiamarlo, ma non ci fu risposta.
“Mirmi sbrigati, non c’è più molto tempo”. Astora pregava con forza, ma Fanfan era quasi sull’orlo della scomparsa.
Mirmi si avvicinò a Paco che la vide. “Stai attenta tu. Così piccola, qua dentro, rischi di venire schiacciata.”.
Non l’aveva riconosciuta.
“Mirmi e Paco,
L’umore di Fanfan”
Iniziò ad intonare Mirmi. La sua voce faceva cose prodigiose ed era l’unico modo per far ricordare a Paco il suo passato.
“I fiori attendono
Le nostre voci
Per sbocciar…”
“E anche gli uccellini
Per tornar…”
Continuò Paco. C’era riuscita, Paco iniziava a ricordare. E poi insieme.
“Il sole e le stelle
Brillano su noi,
Alimentano il nostro cuor
E tutta Fanfan gioisce”
Lo sguardo di Paco era perplesso, non capiva, ma iniziava a ricordare dei piccoli frammenti del suo passato. Guardò quella buffa rana rosa.
“Mirmi?”
“Sì, Paco; sono io. Finalmente ti ho ritrovato.”.
Si abbracciarono. Paco era frastornato.
“Senti Paco, dobbiamo andare via subito. Fanfan è in pericolo di vita. So che non ti è molto chiara tutta questa faccenda, ma non c’è più un minuto da perdere!”.
“E Gaio?”.
“Gaio capirà. Andiamo a salutarlo.”.
Fu un addio molto triste, ma nel suo cuore Gaio era felice, Paco aveva finalmente ritrovato la sua vita.
Fermò gli orologi per permettere all’arcobaleno di raggiungere il centro città e quando i due si allontanarono fece suonare i cuccù a festa in segno di saluto.
In pochi istanti furono a Fanfan; all’ingresso i due grandi girasoli verdi stavano con il viso abbassato, l’aria intorno era pesante.
“Che c’è, dov’è la gioia?
Paco è tornato
E con noi resterà.”.
I girasoli guardarono Paco e gli sorrisero. Paco e Mirmi percorsero il viale cantando e al loro passaggio, gradualmente, tornava la vita a Fanfan. Le felci di cristallo tornarono a splendere sotto i raggi solari che poco a poco si facevano più luminosi, gli uccelli d’argento a fatica ripresero a battere le ali.
Anche i ragni di platino e pietre preziose, tentennanti sulle loro zampe, ripresero a tessere tele di filigrana. Mirmi e Paco continuarono a camminare e con loro si muoveva anche il sole, tornando a far splendere Fanfan, immersa da molti giorni nel buio.
Paco ricordava quasi tutto. “Eccovi qui, meno male!”.
Astora brillava pochissimo tanto era stanca.
“Ma dove sei scomparsa? Mi hai lasciata sola in un posto sconosciuto, non è stato gentile !”.
“Non ti ho abbandonata. Fanfan stava morendo e sono dovuta tornare per far resistere i fanfaniani fino al vostro arrivo.”. Si addormentò.
Mirmi e Paco intonarono la loro canzone “Filù-filà”:
“Filù, filà.
Fanfan, è ora di brillar,
Filù, filà,
Filù,filà.
Il sole è sorto
E splende già sull’orto,
Le voci di Mirmi e Paco
Vi danno il buongiorno
Filù, filà
Fanfan è ora di brillar
Filù, filà
Filù, filà.”.
Tutti ballavano e cantavano con loro. Mille fiorellini d’argento accompagnarono Astora sotto il pino maestro e un dolce vento la rinfrescava. I fanfaniani aspettarono il suo risveglio per iniziare la festa di bentornato a Paco, ma il posto d’onore era per lei, per Astora che era riuscita a farli resistere ed evitargli, così, una morte sicura.
“E per Astora…Filù filà!!!”, urlarono tutti in coro.
Mirmi e Paco vivono in un paese incantato, dove i colori sono più colori del normale ed i profumi così intensi da inebriare. Abitano su di una nuvola sopra il pino maestro della pineta d’Allilibi, in un palazzo di cristallo.
Tutti gli esseri fantastici che popolano questo mondo hanno un compito da svolgere, loro si occupano di mantenere alto l’umore delle creature di Fanfan, le campanule dorate svegliano dolcemente gli abitanti al termine della notte, i centauri alati proteggono la Foresta di Cristallo e gli uccelli dalle piume argentate scandiscono le ore del giorno.
Sono già 1200 anni, però, che dalla nuvola sopra il pino maestro si ode una canzone malinconica che influenza anche l’umore dei fanfaniani.
E’ Mirmi a cantare, la rana rosa con pois gialli, dotata di una voce magica, ricca di poteri sorprendenti. Mirmi è triste perché il suo amico Paco, il cavallo violetto con la stella sulla fronte, è scomparso.
“Paco dove sei?Come faccio a farti tornare?Sono tristeFanfan è triste. Non so dove cercartiMi manchi…” Sono 1200 anni che canta queste canzoni, ma Paco non torna.
Paco fu rapito da un uragano impazzito e nessuno è mai riuscito a trovarlo, Mirmi non ha mai avuto la forza di reagire ed è solo riuscita, in tutti questi anni, a cantare.
Un giorno Astora, la stella più brillante di Fanfan, andò a far visita a Mirmi. “Mirmi, è tempo di trovare Paco.”.”Astora, non riesco a muovermi, è così forte il mio dolore da paralizzarmi.”.”Se non riesci a farlo né per te, né per Paco, fallo per Fanfan. Guarda in che stato si trova.”.Mirmi uscì dalla sua casa di cristallo dai mille colori e si affacciò.
Era primavera inoltrata ma nessun albero era ancora fiorito, nessun fiore sbocciato e gli uccellini non erano ancora tornati dai luoghi lontani; gli unici animali presenti erano ancora in un profondo letargo.
Mirmi iniziò a capire, per 1200 anni aveva pianto il suo dolore senza prestare attenzione al suo compito: tenere alto l’umore dell’intero mondo magico.
“Astora è colpa mia. Hai ragione è tempo di trovare Paco, andiamo!”.Mirmi ed Asta scivolarono sull’arcobaleno di collegamento con la terra, direzione FORESTA INTRICATA. Mirmi si sentiva tranquilla con Astora che essendo la stella più luminosa era un’ottima compagna di viaggio, con un gran senso dell’orientamento: impossibile perdersi con lei.
Iniziarono a chiedere a tutti quelli che incontravano, se avevano visto Paco, ma nessuno le degnò d’attenzione. Dopo una ricerca a palmo a palmo di tutta la foresta, Mirmi perse le speranze. Cercò un grosso albero e lì sotto intonò una delle sue canzoni: “Paco, PacoSe solo sapessi che stai bene.Paco, PacoSe solo sapessi trovarti.Paco, Paco…””E chi è questo Paco?”.Mirmi alzò gli occhi, il vecchio castagno sotto cui stava, forse sapeva qualcosa.”Paco è il mio miglior amico.
E’ Un cavallo violetto, con una stella sulla fronte, l’hai visto?”.”Certo che l’ho visto. E’ stato circa 900 anni fa, si stava dirigendo verso la fine della foresta. Si sentiva sperduto, ho provato a parlargli ma non mi ha risposto.”.”Grazie vecchio saggio, ora so che è vivo e inizierò le ricerche.
Astora, andiamo!”.Si diressero verso la fine della foresta, Mirmi gracidava all’impazzata per la gioia che provava nel cuore. Raggiunsero presto la terza cascata del fiume che disse:”Hai detto un cavallo viola? Certo che l’ho visto; quando è venuto da me aveva una sete davvero invidiabile. Tra l’altro ho notato che zoppicava. Aveva un’aria così triste, ho provato a parlargli, ma lui è rimasto in silenzio e se n’è andato.””Hai visto in che direzione è andato?”.”Sì, e mi sono stupita molto perché è andato in direzione sud est, verso la zona più brutta che circonda la foresta: la palude spettrale.”.
Dopo essersi salutati, Mirmi ed Astora, anche se ormai esauste, si rimisero in viaggio. Era quasi sera ed era importante riuscire a percorrere più strada possibile. Trascorsero la notte ai limiti della foresta, si poteva già percepire l’olezzo della palude e il ronzare degli insetti era talmente forte che fecero fatica a prendere sonno.
Dormirono profondamente, forse per riuscire a riposarsi il più possibile, la giornata successiva sarebbe stata molto faticosa e loro lo sapevano bene! Si svegliarono molto presto e si misero in cammino subito. Accidenti, la palude era proprio spaventosa: rovi, erbacce, l’odore insopportabile si faceva più forte ad ogni passo e gli insetti erano molto fastidiosi.”Toh, una rana dai colori irreali e una stella che le fa compagnia. Che ci fate in un posto come questo?” “Stiamo cercando un amico.”.”Scommetto che si tratta di un cavallo viola con una stella sulla fronte.”.”Come fai a saperlo?”.
La salamandra, con cui le nostre amiche stavano parlando, fece un’espressione sorniona, tipica di chi conosce parecchie cose… o almeno crede!”Lo so perché”, ma era buona e sincera e non riuscì a prendersi gioco di loro “qui non passa mai nessuno e poi è evidente che fate parte dello stesso mondo. Non possono esistere due luoghi dove le rane sono rosa a pois gialli e i cavalli viola.”.”Hai mica visto dove si è diretto?”.”Prima l’ho curato e poi l’ho accompagnato fuori da questa palude infernale, indicandogli il percorso per raggiungere la collina dorata.”.”L’hai curato?”.
“Sì, aveva un brutto rametto conficcato nel suo zoccolo.
Era così tanto che zoppicava che aveva male a tutta la zampa; ma tolto il rametto è stato subito meglio.”.”Per fortuna! Senti, da che parte dobbiamo andare per arrivare alla collina dorata?”:”Se volete vi ci porto.”.”Grazie, sei molto gentile.”.La salamandra si sentiva così sola, costretta dalla sua natura a rimanere tutta la vita nell’ombra della palude e poi quella palude, talmente spaventosa da far cambiare direzione a chiunque ci dovesse passare attraverso.
Così, quando qualcuno si addentrava, lei cercava sempre di fare un po’ di conversazione. Mirmi ed Astora, insieme alla giovane e simpatica salamandra, non sentirono la fatica dell’attraversata. Si congedarono alle soglie della palude, mentre la salamandra già tornava indietro un po’ amareggiata dalla separazione. Dopo pochi salti, Mirmi, entrò nella terra che circondava la collina dorata e fu subito abbagliata dalla gran luce.
Capirono subito, lei ed Atsora, il motivo per cui veniva chiamata così: le foglie e l’erba erano fili d’oro, la terra polvere d’oro, l’acqua era oro fuso e piovevano scagliette d’oro.
La luce del tramonto rendeva questo spettacolo ancora più suggestivo. Mirmi ed Astora salirono sulla cima della collina e rimasero senza fiato; sembrava già stupendo prima ma ora che vedevano tutto l’orizzonte potevano ammirare cose mai viste.”Astora, ma qui non ci abita nessuno.”.”Certo, questo è un posto meraviglioso, ma non è in grado di ospitare nessun essere vivente. Come può offrirgli acqua, cibo e tutto ciò di cui ha bisogno?”.
“Mi dispiace ammettere che hai ragione, perché questo ci riporta al punto di partenza con la ricerca di Paco. E’ vero, dev’essere passato di qui ed è vivo, questo è tutto quello che sappiamo e nient’altro e per di più non c’è nessuno cui chiedere sue notizie.”.Si sedettero sulla collina ad ammirare il paesaggio; sapevano che sarebbero dovute tornare a casa.
“Eri così vicino Finalmente,
Dopo tanto tempo
Ero ad un soffio da te,
Quasi ti avevo trovato
E adesso che fare?
Dove cercare?”
“Un soffio? Hai detto un soffio?”.
Un alito di vento accarezzò la pelle umida della rana Mirmi. La sua canzone era così triste, che il vento risvegliandosi, non era riuscito a non rispondere.”Vento, come sono felice di sentirti!”.
“Chi vai cercando rana dagli strani colori?”.”Paco, il mio migliore amico, un cavallo viola. Dev’essere passato di qui, ma davanti a noi c’è la gola di pietra, a sinistra il deserto di cactus e a destra il paese degli orologi. Non sapevamo a chi chiedere ma ora ci sei tu!”.”Sono molto dispiaciuto, mia piccola rana dai colori divertenti, non ho visto passare il tuo amico per questa valle.”.”Capisco, ma ti ringrazio comunque.”.”Però aspetta. Io non ti posso aiutare, ma forse il Principe Masso della gola di pietra l’ha visto, è talmente alto che se il tuo amico è passato in una qualsiasi zona di questo regno l’ha visto.”.
“Questa sì che è una splendida notizia. Correrò subito da lui. Grazie ancora alito di vento.Astora, mettiamoci in cammino!”.”Mirmi, si sta facendo buio e io sono molto stanca, tu no?”.Mirmi rifletté per un attimo.
“Sì, sono molto stanca anch’io. Pensi che sarebbe meglio continuare domani?”.
Non sentì risposta, si voltò e vide Astora che dormiva già, “Buonanotte” pensò nel suo cuore e anche lei crollò in un sonno profondo.Le prime luci dell’alba, nella valle della collina dorata, erano così intense che Mirmi si svegliò presto. Si guardò intorno cercando l’amica, ma di Astora non c’era nemmeno un raggio.
Era sola, nella valle della collina dorata, circondata da regni sconosciuti e adesso non c’era più nemmeno la sua amica a confortarla. La chiamò più di 1000 volte, poi con gli occhioni pieni di lacrime, iniziando a saltellare, abbandonò quella valle molto lentamente. Ogni tanto si girava, convinta di avere Astora alle spalle, perché aveva visto i suoi raggi, ma si rendeva sempre conto che erano solo i sassolini dorati della collina, colpiti dal sole. “Astora dove sei? Anche tu rapita nella notte,Anche tu in cerca di salvezza? O mi hai abbandonata Amica mia? ” E così cantando, raggiunse la gola di pietra.
Si guardò attorno e rabbrividì, solo sassi nella gola di pietra: sassi dritti, tondi, sassi penduli e a punta, solo sassi. Scrutò tutto in cerca del Principe Masso ed infine lo vide.
Lo raggiunse a fatica. Era molto stanca ma la forza le veniva dal cuore; sentiva che Paco era vicino.
Si accostò al grande sasso ed iniziò a parlargli, ma non sentì alcuna risposta. Niente, nemmeno dopo il decimo tentativo; il Principe Masso non mosse un sasso.
Lo guardò cercando di trovare la combinazione giusta. “Parlami re dei sassi,Solo tu sai dov’è Paco. Muovi gli occhiE indicami la strada.”.Mirmi era veramente stanca, nemmeno più le sue canzoni sembrava funzionassero. Il silenzio era incredibile e la soluzione sembrava lontana. Iniziò a saltellare intorno al principe, pensando continuamente. “Non c’è soluzione!” e posò una delle sue zampine umide sul masso. Rimase lì un po’, osservando il panorama così statico da sembrare morto.
“Dovrò visitare tutti i regni della zona!”.Giunse a questa conclusione ed allontanandosi vide che il segno lasciato dalla sua zampina aveva tolto la polvere dal masso, lasciando intravedere una scritta. Si riavvicinò al masso e lo pulì bene.”SE RISPOSTE VUOI TROVAR, LA MIA SUPERFICIE DEVI FAR BRILLAR!”.
Ecco cosa diceva l’incisione. Mirmi pulì tutto il grande masso, gli parlò, ma niente, ancora silenzio. Fu colta da un momento di disperazione ma subito tornò con la mente alla collina dorata.
Cercò di raggiungere il pendio della collina il più in fretta possibile, ma lei, essendo una rana poteva solo saltare e quindi arrivò dopo un bel po’ di tempo. E come trasportare la polvere d’oro? Le sue zampe erano troppo piccole e comunque i salti avrebbero fatto cadere tutto. “Vento, alito di vento,Tu che mi hai dato speranzeNon lasciarmi sola adesso.Vento, vento, alito di vento.”. “Eccomi piccolo essere, ti aiuterò, dimmi tutto.”.Mirmi gli spiegò la situazione e il Vento le portò tutta la sabbia d’oro che aveva bisogno, ai margini del masso. Lei cosparse il re sasso e lo fece brillare, lui ringraziò. “Scusa, hai mica visto un cavallo da queste parti?””Sì, si è diretto verso il villaggio degli orologi.”.”Grazie Principe, grazie di cuore!”.”Grazie a te!”
.Mirmi riprese il suo viaggio.
La strada per il villaggio, però, sembrava allungarsi sempre più. Ad ogni salto, Mirmi, vedeva le case più vicine, i contorni più definiti, ma non riusciva mai ad arrivare. Il ticchettio era, per di più, assai fastidioso. Era stanca di cercare risposte a strani enigmi e questa volta non sapeva proprio cosa fare. Paco era vicino e lei non sapeva come raggiungerlo. “Paese stranieroFammi arrivare da lui. E’ così tanto che viaggio.Paese straniero,Non ostacolarmi più!”.Sembrava che la sua voce avesse perso tutti i poteri, doveva trovare un’altra soluzione; era sera, si appoggiò ad un albero a cuccù e si addormentò.
Durante la notte fece uno strano sogno, forse influenzata dal ticchettio fastidioso ed insistente. Immaginò di spaccare tutti gli orologi e di rimanere per un attimo in silenzio.
Si svegliò di colpo, era già l’alba, forse aveva risolto l’enigma del paese degli orologi. Iniziò a cantare e a saltare verso il villaggio. “Tempo non correre Che fretta hai. Orologio, le tue lancetteSono sudate,Lasciale riposare un po’, Lavoreranno meglio.”.Continuò così, e al suo passaggio tutti gli orologi smettevano di funzionare per poi riprendere a scandire i secondi.
Funzionava, fermando il tempo riusciva a bloccare l’incantesimo, raggiungendo le porte della città. Il suo cuore sentiva che Paco era davvero lì. Iniziò a cercare a destra e a manca notizie sul suo amico. Pochi le rispondevano e quei pochi non riuscivano a darle delle risposte esaurienti, finché non incontrò un vecchi pendolo.
“Sono stato, poco tempo fa, dal medico: l’Orologiaio. Sono molto vecchio e ogni tanto è bene fare dei controlli. In quell’occasione mi è parso di vedere il suo amico che faceva girare il grande ingranaggio del tempo mondiale.”.”Mi sa indicare la casa dell’Orologiaio?”.”Deve prendere un appuntamento.”.”Ah!”, disse Mirmi decisamente sconsolata. Il Batacchio, che era vecchio e saggio, intuì la sua preoccupazione.”Senta, ci vada subito.
Le prenotazioni per gli appuntamenti sono ancora aperte a quest’ora. Se poi dice che è importante, sono sicuro che la riceverà il prima possibile.”. Sul musetto di Mirmi comparve un sorriso. “Grazie signor Batacchio e arrivederci!”. S’incamminò verso il grande palazzo e riuscì a prendere appuntamento con il padrone di casa già per il giorno dopo.
Girò per il paese.
Che posto curioso, tutto era un orologio: le piante non avevano i fiori, ma vecchie cipolle pendule; le fontane spruzzavano acqua battendo i secondi; sul naso degli abitanti c’erano delle lancette… insomma era impossibile non accorgersi del passare del tempo. E di tempo Mirmi ne doveva ancora aspettare tanto prima di rivedere Paco e quel posto certo non l’aiutava. Ad un tratto un lampione parlò a Mirmi.
“Senti piccola rana, si dice in giro che grazie ad una canzone magica sei riuscita ad arrestare il tempo lungo il viale del Tempo Eterno, è vero?”. Mirmi guardò verso l’alto ed annuì. Il lampione era esterrefatto, non aveva mai sentito una storia così. “Vede, sto cercando un mio amico che ho scoperto essere qui.
Non potevo entrare in nessun altro modo!”.”Dev’essere un caro amico se con la tua voce sei riuscita a fermare il tempo.”.”E’ il mio più caro amico, sono ormai 1200 anni che è scomparso.
Fanfan era in pericolo e non potevo più aspettare così sono scesa sulla terra e ho iniziato a cercarlo.”.”Perché da dove vieni giovane ranetta, dov’è questa Fanfan?”.
“Si trova al di là dell’arcobaleno ed è fatta di natura e cristallo.
Paco ed io ci occupavamo insieme dell’umore del mondo, ma da quando lui è stato rapito non sono più riuscita a cantare una sola canzone allegra. Spero solo che per i fanfaniani non sia troppo tardi.”. Il lampione non aveva capito molto bene, mi aveva accettato volentieri di spegnere la sua luce quando Mirmi si addormentò a fine racconto. Si vedeva che era esausta!Ma anche se la stanchezza era veramente molta, già alle prime luci dell’alba Mirmi aprì gli occhi.
Era il giorno dell’appuntamento con l’Orologiaio, il giorno in cui avrebbe saputo se Paco era veramente in quel paese oppure no. I suoi salti erano lenti ed insicuri, la paura di dover ricominciare da zero le ricerche era tanta; per di più l’insistente ticchettio degli orologi non la metteva per nulla a suo agio.
Raggiunse il grande portone sul quale la faceva da padrone la scritta OSPEDALE OROLOGI. Raccolse tutto il coraggio che le era rimasto e suonò il campanello. Lontana da Mirmi, quasi cinque mondi più lontana, Astora cercava di risanare Fanfan, ma ogni suo sforzo era vano. Con la partenza di Mirmi, l’umore di Fanfan era svanito.
La notte della scomparsa di Astora , un giovane grillo volante era andato in cerca di aiuto. Dopo aver sentito il suo racconto, Astora si era precipitata nel suo paese e l’aveva trovato quasi morto.
Capì che le canzoni che Mirmi aveva cantato durante l’assenza di Paco erano sì malinconiche ma comunque in grado di infondere speranza, speranza che si era portata via nel viaggio alla ricerca dell’amico.Gli alberi stavano già seccando, il respiro degli animali in letargo sempre più affaticato e la terra iniziava ad inaridirsi.
“Dovete resistere amici miei, tra poco Mirmi tornerà e con lei ci sarà anche Paco.”, cercava di splendere il più possibile e gli abitanti, da parte loro, si sforzavano di reagire.
La situazione stava precipitando, desiderava volare da Mirmi, informarla, farla tornare e continuare lei le ricerche; ma sapeva benissimo che se si sarebbe allontanata, il mondo di Fanfan sarebbe scomparso. Mirmi, intanto, percorse il lungo corridoio saltando ed ogni orologio a cuccù batteva il ritmo del suo cuore.
Di colpo si aprì la porta davanti a lei, e vide un uomo vecchi che sorrideva. Indossava un camice bianco, i capelli erano arruffati e la barba lunga di qualche giorno. “E lei sarebbe Mirmi!?”.”Buongiorno signor Orologiaio.”.
“Mi chiami pure Gaio. Ho saputo il motivo della sua visita. Sono felice che sia qui.”. Mirmi aspettava speranzosa. “Sono ormai 700 anni che sento pronunciare il suo nome.
E’ il suo amico, il cavallo viola che di notte la chiama. Poi di giorno non ricorda più niente e non ho mai voluto turbarlo con domande personali.”.”Lei vorrebbe dirmi che Paco ha perso la memoria?”, Mirmi aveva gli occhi colmi di lacrime, la gioia di aver ritrovato il suo Paco però, lasciò spazio alla tristezza delle sue condizioni.
“Paco, finalmente conosco il suo nome, è convinto di vivere qui da sempre, ed è anche un gran lavoratore. Un po’ mi dispiace perderlo, ma sono felice di sapere che ha qualcuno che lo ama. Venga con me.”. A Mirmi tremavano le zampe e i suoi salti erano insicuri. Era passato così tanto tempo, e poi lui non ricordava, cosa avrebbe potuto fare?Entrarono in una grande stanza riservata al caricamento.
Paco era lì, imbragato, che s’impegnava a far girare l’ingranaggio. Mirmi voleva corrergli incontro, ma lui non l’avrebbe riconosciuta. “Io l’ho portata fin qui, e non so nemmeno dirle cosa fare per portarlo a casa.
L’unica cosa, forse, è farlo ricordare. Se ha bisogno di me, sono di là. Arrivederci!”.Gaio l’Orologiaio si voltò, ma Mirmi riuscì a vedere, per un secondo, i suoi occhi colmi di lacrime e comprese che era un brav’uomo e che si era occupato con cura di Paco in tutti quegli anni.Paco continuò il suo lavoro senza mai voltarsi, il suo portamento era fiero e si vedeva che stava bene. “Paco” Mirmi provò a chiamarlo, ma non ci fu risposta.
“Mirmi sbrigati, non c’è più molto tempo”. Astora pregava con forza, ma Fanfan era quasi sull’orlo della scomparsa. Mirmi si avvicinò a Paco che la vide.
“Stai attenta tu. Così piccola, qua dentro, rischi di venire schiacciata.”. Non l’aveva riconosciuta. “Mirmi e Paco, L’umore di Fanfan” Iniziò ad intonare Mirmi. La sua voce faceva cose prodigiose ed era l’unico modo per far ricordare a Paco il suo passato. “I fiori attendono Le nostre voci Per sbocciar…” “E anche gli uccellini Per tornar…” Continuò Paco. C’era riuscita, Paco iniziava a ricordare. E poi insieme.
“Il sole e le stelle Brillano su noi, Alimentano il nostro cuore tutta Fanfan gioisce” Lo sguardo di Paco era perplesso, non capiva, ma iniziava a ricordare dei piccoli frammenti del suo passato. Guardò quella buffa rana rosa.
“Mirmi?”
“Sì, Paco; sono io. Finalmente ti ho ritrovato.”.
Si abbracciarono.
Paco era frastornato.”Senti Paco, dobbiamo andare via subito. Fanfan è in pericolo di vita. So che non ti è molto chiara tutta questa faccenda, ma non c’è più un minuto da perdere!”.”E Gaio?”.”Gaio capirà. Andiamo a salutarlo.”. Fu un addio molto triste, ma nel suo cuore Gaio era felice, Paco aveva finalmente ritrovato la sua vita.Fermò gli orologi per permettere all’arcobaleno di raggiungere il centro città e quando i due si allontanarono fece suonare i cuccù a festa in segno di saluto.In pochi istanti furono a Fanfan; all’ingresso i due grandi girasoli verdi stavano con il viso abbassato, l’aria intorno era pesante.
“Che c’è, dov’è la gioia? Paco è tornatoE con noi resterà.”.
I girasoli guardarono Paco e gli sorrisero. Paco e Mirmi percorsero il viale cantando e al loro passaggio, gradualmente, tornava la vita a Fanfan. Le felci di cristallo tornarono a splendere sotto i raggi solari che poco a poco si facevano più luminosi, gli uccelli d’argento a fatica ripresero a battere le ali. Anche i ragni di platino e pietre preziose, tentennanti sulle loro zampe, ripresero a tessere tele di filigrana. Mirmi e Paco continuarono a camminare e con loro si muoveva anche il sole, tornando a far splendere Fanfan, immersa da molti giorni nel buio.
Paco ricordava quasi tutto. “Eccovi qui, meno male!”.
Astora brillava pochissimo tanto era stanca.”Ma dove sei scomparsa? Mi hai lasciata sola in un posto sconosciuto, non è stato gentile !” “Non ti ho abbandonata. Fanfan stava morendo e sono dovuta tornare per far resistere i fanfaniani fino al vostro arrivo.” Si addormentò.Mirmi e Paco intonarono la loro canzone “Filù-filà”: “Filù, filà Fanfan, è ora di brillar, Filù, filà, Filù, filà.
Il sole è sorto E splende già sull’orto, Le voci di Mirmi e Paco Vi danno il buongiorno Filù, filàFanfan è ora di brillarFilù, filàFilù, filà.” Tutti ballavano e cantavano con loro.
Mille fiorellini d’argento accompagnarono Astora sotto il pino maestro e un dolce vento la rinfrescava. I fanfaniani aspettarono il suo risveglio per iniziare la festa di bentornato a Paco, ma il posto d’onore era per lei, per Astora che era riuscita a farli resistere ed evitargli, così, una morte sicura.”E per Astora…Filù filà!!!”, urlarono tutti in coro.